Un salto nel passato… (Nepal – Puntata 1)

Chi ci conosce da molti anni ricorda che, prima di essere conosciuti come “2 Cuori in Cammino”, per anni abbiamo bloggato e pubblicato foto di viaggio su “Backpackers-Around” (sito ora offline) quando ancora i blogger erano pochissimi, facebook era quasi sconosciuto, Airbnb non esisteva… e si viaggiava con la Lonely Planet di carta nello zaino.

Chi ha seguito quelle nostre avventure ricorderà le nostre giornate ed esperienze in Nepal dove, oltre al trekking, abbiamo dedicato mesi ad aiutare i bimbi di un orfanotrofio di Kathmandu.

E settimana scorsa… dopo 10 anni… siamo riusciti ad avere notizie di quei “bambini”, che bambini non sono più 😊

Ma… iniziamo dall’inizio… nel lontano ottobre 2007.

Atterriamo a New Delhi (India) alle quattro di notte, insieme a Fabrizio, un italiano conosciuto in aereo. Ricordo il taxi per arrivare in città e la ricerca confusa di un hotel in piena notte. Buio, corpi che dormono nei vicoli, acre odore di urina, e tutti gli hotel chiusi.
Con un po’ di fortuna riusciamo a trovare una “bettola” che apre al suono del campanello e ci alloggia in una camera.

Il piano è raggiungere il Nepal per dedicarci ad alcuni trekking. Ci dirigiamo verso la stazione centrale dei treni di Delhi.
La folla sui binari è sconcertante. Un fiume umano di persone, compresse in modo inumano, cariche di bagagli e scatoloni. “Sari” colorati ovunque. Odore di frittura e cibo. Rumore fortissimo. Tutti i sensi sono stravolti, la mente fa fatica a reagire a questa over-stimolazione di suoni, odori e colori.
Muoversi in mezzo a una tale folla è impossibile.

“Ok, noi abbiamo prenotato tre posti a sedere nel treno. Ma come facciamo a raggiungere la nostra carrozza quando arriva il treno? Qui non ci si muove😱” chiedo a Marco.
“Tranquilli! Ci penso io! Quando arriva il treno, io mi apro spazio tra la folla, voi statemi attaccati dietro e seguite lo spazio che creo tra la gente”, risponde Marco.
Io e Fabrizio annuiamo, un po’ preoccupati. Ok, proviamoci.

All’improvviso ecco arrivare il treno.
La folla inizia a muoversi in modo disordinato; il rischio di perderci di vista è alto.
Mentre il treno è ancora in movimento Marco inizia a muoversi tra la folla, e io e Fabrizio gli stiamo dietro, finché, senza preavviso e contro ogni piano, Marco salta sul treno in movimento 😱 Non ci sono porte, e in attimo è sul treno 😱

Io e Fabrizio restiamo a bocca aperta 😱 Ci guardiamo e non sappiamo se ridere o piangere 😱
“Scusa, ma era questo il piano?😐” chiedo a Fabrizio. Lui mi guarda sconcertato, forse più di quanto sia io.
Il treno continua a scorrerci davanti e noi siamo lì fermi in mezzo alla folla 😱
Con un po’ di gomitate e tanta fatica ci facciamo spazio tra la gente e, dieci minuti dopo, sudati e fradici, raggiungiamo il nostro vagone, ormai fermo.
Altre gomitate per salire sul treno e trovare i nostri posti.
E cosa troviamo? Marco! Che sorridente e sereno ci dice “Vi ho tenuto il posto 😊”
No comment 😐
Vi prego… No comment 😐

Dopo tantissime ore, attraversando zone poverissime dell’India, dove militari armati pattugliano il treno per evitare rapine, raggiungiamo il Nepal.
E da qui è un altro viaggio lunghissimo, passando per Lumbini (città natale del Buddha) per raggiungere Kathmandu, la capitale del Nepal.

I primi giorni nella capitale li trascorriamo visitando la città e i tanti templi delle città vicine, assistendo alle cremazioni a Pashupatinah e ascoltando i canti dei monaci buddisti a Boudhanath. È tutto così sconosciuto e affascinante. Un mondo e una cultura così diversi dai nostri.
Ed è durante una di queste nostre escursioni che conosciamo Sangye, un giovane monaco buddista. Ci invita a visitare l’interno di un templio, ci benedice, e poi ci mostra le foto di alcuni bambini, chiedendoci una piccola donazione per aiutarlo a comprargli cibo.

Sangye ci racconta della sua voglia di aiutare questi bambini. Sono una decina di bimbi orfani, tra i cinque e i dodici anni. Solo un paio di loro vanno a scuola. Trovare i soldi per nutrirli, vestirli, e dargli un’educazione non è facile.

Chiediamo se è possibile andare a casa con lui e conoscere i bambini. Sangye è felice di accompagnarci.

I bambini sono timidi e solo pochi di loro parlano un po’ di inglese. A prendersi cura di loro c’è Urmilla, sorella di Sangye.
È una visita rapida. Di quell’ incontro sono rimasti impressi i visi sporchi, gli abiti sudici e tanta tenerezza.
Facciamo una piccola donazione, salutiamo e partiamo.

Il giorno dopo saremmo partiti per il Langtang Trekking, una zona montuosa all’epoca ancora poco percorsa dai turisti.

…continua…

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