Langtang Trekking (Nepal – Puntata 2)

Partiamo di prima mattina in autobus, per raggiungere il piccolo villaggio da cui inizia il sentiero verso Langtang.
Sono solamente un centinaio di chilometri.
Quanto potrà volerci? Tre ore? Quattro ore?
Poveri illusi 😱

Il bus si ferma ad ogni conglomerato di case. Scarica dal tetto pacchi e sacchi, e ricarica qualcos’altro.
Dopo un paio d’ore ci si ferma in un villaggio per una pausa pipì, e poco dopo ci fermiamo nuovamente per la pausa pranzo. E tra una fermata e l’altra ci muoviamo ad una velocità probabilmente inferiore ai dieci chilimetri l’ora 😱
Finché, nel mezzo delle montagne, su una stradina sterrata strettissima il bus si ferma. Fuori dal bus c’è un gruppo di persone con cui l’autista inizia a dialogare in tono concitato. Non riusciamo a capire cosa stia succedendo.
Vediamo alcuni passeggeri scendere dal bus e iniziare a camminare. È una stradina veramente stretta, sul costone della montagna. Mi chiedo quante volte succeda che gli autobus cadano nella scarpata alla nostra sinistra 😓
Che facciamo?

Stiamo ancora cercando di capire cosa stia accadendo, quando l’autista risale sul bus, mentre gli uomini a terra lanciano della polvere rossa appiccicosa sull’autobus.
Ripartiamo. Lentamente, molto lentamente, ripartiamo.

Scopriremo solo ore dopo che, quel pezzo di strada era franato alcune settimane prima e il nostro era il primo autobus che passava da quella strada dopo che tutta la frana era stata rimossa. La discussione era legata alla sicurezza o meno di passare in autibus, visto che la strada non era ancora ben sistemata. L’alternativa era scaricare tutto il bus, attraversare e spostare tutto il carico e poi aspettare un altro autobusus che recuperasse tutto e tutti dall’altra parte.
Ma sembra che con una benedizione all’autobus abbiano risolto il dilemma sulla sicurezza o meno 😐
Avessimo capito cosa stava accadendo vi assicuro che saremmo scesi dall’autobus anche noi 😂

Partiamo per il Langtang trekking senza una guida, senza un GPS, e senza uno smartphone con tracce o mappe – stiamo parlando di undici anni fa, non erano così comuni.
Questo stesso trekking era abbastanza sconosciuto; tutti andavano a percorrere il trekking dell’Annapurna, già all’epoca soprannominato “Apple Pie Trekking” per tutti i lussi e confort che si trovavano sul sentiero, oppure l’Everest Base Camp, troppo inflazionato per i nostri gusti.

Il sentiero è facile da seguire, in costante salita verso i 4000 metri. Acclimatarsi è importante, vogliamo evitare di dover essere evacuati in elicottero per problemi di altitudine come è successo ad alcuni turisti la settimana precedente.
Mentre noi soffiamo con i nostri zaini stracarichi in spalla e pian piano saliamo, ecco arrivare un gruppo di nepalesi con cassette e sacchi in spalla, infradito ai piedi, sigaretta in bocca… e in pochi minuti ci raggiungono e ci superano.
Non voglio commenti al riguardo 😂

Più saliamo e più il paesaggio diventa sorprendente e affascinante. Davanti a noi abbiamo la catena montuosa dell’Himalaya. È qualcosa che lascia senza fiato.
Siamo già oltre i 3.000 metri eppure intorno a noi la vegetazione è ancora fitta e ricca.
La notte troviamo alloggio nelle abitazioni degli abitanti di piccoli villaggi. La prassi è pagare la cena che ci preparano e poi essere ospitati gratuitamente per la notte. Il costo di cibo e acqua sono elevatissimi, ma è comprensibile. Tutto deve essere trasportato in spalla fino a qui; non ci sono strade per portate bevande e alimenti.
La gente dei villaggi è accogliente. Parlano un pochino di inglese, ma non abbastanza per avere delle vere conversazioni ed è quindi difficile creare relazioni.

I ricordi più vividi sono quelli delle notti passate a Kyanjin Gompa, ultima tappa del Langtang Trekking.
Ad ospitarci troviamo una famiglia gentilissima; il marito, Jhandun, è nepalese e parla un buon inglese, mentre la moglie, Penzom, è tibetana.
Ci raccontano che il figlio più grande studia a Kathmandu, grazie alle donazioni mensili di una famiglia americana, e stanno ora cercando uno “sponsor” che paghi gli studi anche al loro figlio minore.
Le scuole pubbliche purtroppo sono pessime; mancano gli insegnanti e ciò che viene insegnato è troppo basico per assicurare una cultura. Motivo per cui tutti tentano di mandare i propri figli in scuole private.

…continua…

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