Non riusciamo a proseguire 😰

No, non perché siamo stanchi o il terreno è troppo difficile. Non riusciamo a proseguire perché passiamo più tempo seduti a bere té e caffè che a camminare 😱

Spesso rifiutiamo, ma vediamo che ci restano male.
Ma cavoli, se dovessimo accettare tutti gli inviti, riusciremmo a fare solo pochi chilometri al giorno.

È un’ospitalità così strana che facciamo fatica a comprendere. Nessun secondo fine. Nessun ritorno.
Semplice e pure ospitalità e accoglienza che nasce dal cuore.

Ti siedi in casa loro e ti versano del té. A volte parlano un po’ di inglese, altre volte neppure una parole. Ma con gesti e Google ci si capisce sempre 😊

Il problema è sempre ripartire. Dopo il té, ecco che arriva il caffè, e poi un bicchiere d’acqua e poi un altra varietà di caffè😱
Ci sono volte in cui ci troviamo davanti una tazza di té, una tazzina di caffè e un bicchiere d’acqua; il tutto contemporaneamente. E ti chiedi se c’è una regola su cosa bere prima.
Come fai ad andartene dopo cinque minuti? Impossibile.

Poi ci sono situazioni ed eventi che superano la mia capacità di capire.

Un esempio, il più recente.
Ieri, pochi chilometri prima dell’arrivo a Karak, una ragazza ci chiama dalla finestra.
“Hello.. Hello… Come… Come…” (Ciao.. Ciao.. Venite… Venite..).
E ci invita a casa sua a bere un té. È una allegra ragazza palestinese con tre bimbe e un marito silenzioso. Ci pensa lei a parlare e parlare 😊
Quando ci stringiamo la mano, sente che la mia è gelida.
Mi chiede se ho freddo, e subito corre a prendere una sua giacca calda e morbida per scaldarmi.
Ci porta una deliziosa bevanda con noci, cannella e miele. Solo a stringere la tazza sento il calore invadermi.
Non ho ancora finito la bevanda, ed ecco che appare una tazza di caffè. Ci spiega che in Palestina bevono tanti caffè, non come in Giordania dove bevono solo té 😂
Ma poi, dopo il caffe, ecco che arriva anche la classica tazza di té.
Definitivamente mi sono scaldata 😊

È il momento di ripartire.
Tolgo la giacca per restituirla, ma la ragazza mi dice di no. Devo tenerla!!
Le dico che non posso accettare. Lei insiste.
“Ma è la tua. Serve a te” le dico.
Ma lei insiste affinché la tenga io.
Le spiego che nello zaino ho delle felpe, e la giacca non posso accettarla perché nello zaino sarebbe troppo pesante.
Allora lei cosa fa? Corre in camera e mi porta un maglione in lana. Rifiuto nuovamente. Non posso accettare.
Mi troverei ad abbandonare quel maglione nei prossimi giorni e non ha senso privare lei di qualcosa di cui io non ho bisogno e che abbandonerei.
Provo a spiegarglielo. Non è convinta.
Allora l’abbraccio e la ringrazio, ma non posso accettare.

Finalmente la convinco.
Ma… ecco che corre via un’altra volta e ci dice di aspettare.
Pochi minuti ed eccola tornare con due sacchetti.
“For you!! Per voi!!”
In un sacchetto c’è un thermos con del té caldo, e nell’altro del cibo.
“Ma come faccio poi a riportarti il tuo thermos?” le chiedo.
Lei alza le spalle e ci dice “no problem”.

Non ci riesco… non posso portarmi via qualcosa di suo e poi abbandonarlo…
E ricominciamo con la scena di prima: lei che insiste affinché lo accetti e io che le dico che non posso.
Alla fine riusciamo ad accordarci affinché io accetti almeno il cibo.

Lei é felice. Mi sorride e mi abbraccia.

Io l’abbraccio. Le sorrido. Ma non capisco.

Non mi conosce. Non sa chi sono. Abbiamo trascorso mezz’ora insieme e probabilmente non ci rivedremo mai più.
Eppure ci ha aperto casa sua, e voleva privarsi di qualcosa di suo, che lei usa e che le serve, per darlo a me.

È qualcosa che va oltre l’accoglienza.

E io ancora faccio fatica a capire…❤

 

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