Il temporale della notte è stato violentissimo. I vetri delle finestre tremavano e all’esterno si sentivano gli alberi stravolti dalla potenza del vento.
La nostra tenda avrebbe retto? Probabilmente si.
Avremmo dormito? Sicuramente no.
Qualche ora dopo scopriremo che un centinaio di km più a sud, a seguito del temporale ci sono state alluvioni e morti, tra cui una scolaresca in gita.
Ed oggi, come se nulla fosse, il sole splende in cielo.
Il terreno è fangoso e scivoloso, ancora con vento fortissimo.
Ci aspetta l’ennesima discesa e salita su un “trail” che non esiste. L’alternativa è deviare e seguire un sentiero differente, che passa dal paesino di Burma.
Nelle note della Jordan Trail dicono di evitare Burma, a causa di atteggiamenti poco “socievoli” dei suoi abitanti.
Frasi che significano tutto e niente 😕
Indecisi: un terreno pericoloso oppure l’incognita degli abitanti di Burma?
Decidiamo di passare da Burma, così da acquistare anche cibo e acqua.
Burma è un paesino fatiscente e decadente. Sporcizia e spazzatura ovunque. Orribile. Attraversare le sue stradine è davvero deprimente. Povertà e degrado.
Arrivati in fondo al paese vediamo un piccolo negozietto che prepara “falafel”. Ci fermiamo per acquistarne qualcuno e subito siamo circondati da decine di bambini che ci salutano e continuano ad osservarci e ci stringono la mano 😊
Il vicino di casa ci porta del caffe e delle sedie dove accomodarci.
Il ragazzo che prepara i falafel parla inglese ed è gentilissimo. Le solite domande di routine: di dove siamo… perché siamo in Giordania… quanti figli abbiamo… perché andiamo a piedi…
E durante tutta la conversazione il numero di bambini aumenta e non la smettono di osservarci.
Ed ecco che i nostri falafel sono pronti 😊
Quando è il momento di pagare il ragazzo ci sorride, si mette la mano sul cuore, e ci dice che non vuole nulla, aggiungendo “Benvenuti in Giordania”.
Resto senza parole.
Salutiamo tutti, bambini compresi, e proseguiamo.
Poche centinaia di metri oltre c’è un piccolo negozietto. Ci fermiamo per una lattina di coca-cola.
Salutiamo la vecchia signora del negozio, prendiamo la coca-cola e, quando è il momento di pagare, la scena si ripete. La signora si mette la mano sul cuore, ci sorride, e non vuole essere pagata. Io insisto, cerco di pagare la bevanda, ma la signora mi chiude la mano sui soldi, si riporta la mano sul cuore e sorridendo ci dice “benvenuti”.
Sto ancora camminando con la lattina in mano, frastornata, cercando di capire cosa sta succedendo, quando ecco che l’altra faccia di Burma si manifesta nella sua violenza.
Un gruppo di teppistelli tra i dieci e tredici anni, si avvicinano e iniziano il ritornello “money, money,…soldi, soldi” e in mano hanno delle pietre.
Li ignoriamo, e loro iniziano a lasciarci contro dei sassi.
Nel momento in cui uno dei ragazzini estrae una fionda e inizia a tirare sassi con quella, Marco si volta di scatto, toglie lo zaino, raccoglie una pietra e inizia a rincorrere i teppistelli 😂
Il vuoto… in un attimo spariscono tutti 😂
La giornata prosegue tranquilla.
Salite. Discese.
Trail. No trail.
Attraversiamo una diga e iniziamo a salire, con bellissime viste del bacino sottostante.
Una famiglia ci invita a bere il té e la figlia, tutta truccata ed elegante ci scatta decine di foto.
Un intero album fotografico 😂
E la sera siamo accolti da una famiglia in vacanza nella valle, che condivide il pranzo con noi e ci offre un letto dove dormire.