Il tumore al seno: cos’è

 

Il tumore al seno (o carcinoma della mammella) è la neoplasia più diffusa nella popolazione femminile.

Il seno è costituito da un insieme di ghiandole e tessuto adiposo ed è posto tra la pelle e la parete del torace.
In realtà non è una ghiandola sola, ma un insieme di strutture ghiandolari, chiamate lobuli, unite tra loro a formare un lobo.  In un seno vi sono da 15 a 20 lobi.
Il tumore al seno è una malattia potenzialmente grave se non è individuata e curata per tempo ed è dovuto alla moltiplicazione incontrollata di alcune cellule della ghiandola mammaria che si trasformano in cellule maligne.
Ciò significa che hanno la capacità di staccarsi dal tessuto che le ha generate per invadere i tessuti circostanti e, col tempo, anche gli altri organi del corpo. In teoria si possono formare tumori da tutti i tipi di tessuti del seno, ma i più frequenti nascono dalle cellule ghiandolari (dai lobuli) o da quelle che formano la parete dei dotti.

I TUMORI MALIGNI (carcinomi)
Non tutti i carcinomi progrediscono o danno metastasi. Quelli più pericolosi vengono detti “infiltranti” o “invasivi”: significa che possono invadere gli altri organi, sia quelli prossimi al seno sia quelli distanti.

Vi sono anche i tumori benigni: (noduli chiamati fibroadenomi o cisti)

Sono molto più frequenti di quelli maligni e non evolvono quasi mai nella forma pericolosa. Sono soggetti alle variazioni ormonali e di solito basta tenerli sotto controllo: rimangono nel tessuto mammario.

La natura del tumore si stabilisce con un esame delle cellule, prelevate con una biopsia.

TIPOLOGIE
Sono due i tipi di cancro del seno: le forme non invasive e quelle invasive. 
Le forme non invasive sono le seguenti:
DIN: neoplasia duttale intraepiteliale (carcinoma in situ)
LIN: neoplasia lobulare intraepiteliale

Le forme invasive sono:
-il carcinoma duttale: si chiama così quando supera la parete del dotto. Rappresenta tra il 70 e l’80% di tutte le forme di cancro del seno.
-il carcinoma lobulare: si chiama così quando il tumore supera la parete del lobulo. Rappresenta il 10-15% di tutti i cancri del seno. Può colpire contemporaneamente ambedue i seni o comparire in più punti nello stesso seno.
-Altre forme di carcinoma meno frequenti sono il carcinoma tubularepapillaremucinosocribriforme. Hanno prognosi favorevole.

SINTOMI
In genere le forme iniziali di tumore del seno non provocano dolore.

Da cercare, invece, sono gli eventuali noduli palpabili o addirittura visibili, anche se in genere questi sono segni di una forma tumorale già avanzata e non di una forma identificata in fase precoce, quando è più facile da curare. La metà dei casi di tumore del seno si presenta nel quadrante superiore esterno della mammella.

Importante segnalare al medico anche alterazioni del capezzolo (in fuori o in dentro), perdite da un capezzolo solo (se la perdita è bilaterale il più delle volte la causa è ormonale), cambiamenti della pelle (aspetto a buccia d’arancia localizzato) o della forma del seno.

La maggior parte dei tumori del seno, però, non dà segno di sé e si vede solo con la mammografia oppure, nella donna giovane, tra i 30 e i 45 anni, con l’aiuto anche dell’ecografia.

DIAGNOSI
Il cancro del seno viene diagnosticato con la mammografia e l’ecografia mammaria: la scelta di quale dei due esami utilizzare dipende dall’età, anche se nella maggior parte dei casi si utilizzano entrambi. In alcuni casi specifici (per esempio di fronte a mammelle molto dense o a lesioni difficili da classificare) è possibile ricorrere anche alla risonanza magnetica.

L’eventuale identificazione di noduli o formazioni sospette porta in genere il medico a consigliare una biopsia, che può essere eseguita direttamente in sala operatoria o in ambulatorio con un prelievo mediante un ago inserito nel nodulo che consente un esame citologico o microistologico. Nel primo caso (esame citologico) si esaminano le cellule, nel secondo (microistologico) il tessuto: questi esami consentono sia di stabilire la natura della malattia, sia, con la microistologia, di valutarne le caratteristiche biologiche.

COME SI CURA
Quasi tutte le donne con un tumore del seno, indipendentemente dallo stadio, subiscono un intervento chirurgico per rimuovere i tessuti malati.

Nei casi in cui ciò è possibile si ricorre alla chirurgia conservativa, cioè si salva il seno, ma si asporta tutta la parte in cui si trova la lesione. Questa tecnica è chiamata anche quadrantectomia (o ampia resezione mammaria) e consiste nella asportazione del tessuto mammario che circoscrive la neoplasia. Deve essere seguita da una radioterapia, che ha lo scopo di proteggere la restante ghiandola mammaria sia dal rischio di recidiva locale sia dalla comparsa di una nuova neoplasia mammaria.

Durante l’intervento il chirurgo può anche procedere ad asportare i linfonodi dell’ascella. Per sapere se questi sono coinvolti si usa la tecnica del linfonodo sentinella, cioè si identifica il linfonodo che drena la linfa dall’area dove è situato il tumore. Se all’analisi al microscopio il linfonodo sentinella risulta privo di cellule tumorali o ne presenta un piccolissimo aggregato (micro metastasi), non si toccano gli altri, altrimenti si procede allo svuotamento del cavo ascellare, cioè alla rimozione di tutti i linfonodi ascellari.

Talvolta è necessario asportare più di un quadrante di seno: in questo caso si parla di mastectomia parziale o segmentale e anch’essa viene fatta seguire dalla radioterapia. Nelle forme iniziali di cancro (stadio I e II), la quadrantectomia seguita da radioterapia è altrettanto efficace dell’asportazione del seno. La maggior parte delle pazienti con neoplasia intraepiteliale segue lo stesso percorso.

Forme più avanzate di cancro vengono trattate con l’asportazione dell’intero seno, secondo una tecnica chiamata mastectomia radicale modificata, che prevede l’asportazione della ghiandola, del linfonodo sentinella e/o di tutti i linfonodi sotto l’ascella, raramente di parte o di tutto il muscolo pettorale e spesso anche della pelle sovrastante. In molti casi oggi è possibile salvare il capezzolo e gran parte della cute con la tecnica della mastectomia che conserva il complesso areola e capezzolo (nipple sparing mastectomy). La zona areolare viene protetta con una dose di radioterapia mirata che può essere erogata direttamente in sala operatoria nei giorni successivi.

Sia con la chirurgia conservativa e sia nel caso di mastectomia si procede alla ricostruzione del seno: in rari casi, se la donna deve sottoporsi a radioterapia, si tende ad aspettare la fine della terapia, che può interferire con la cicatrizzazione, altrimenti si procede alla plastica del seno nel corso dell’intervento stesso.

Dopo l’intervento chirurgico un’accurata valutazione istologica e biologica è la base per definire le terapie mediche precauzionali per ridurre al minimo il rischio che la malattia possa colpire altri organi (metastasi a distanza).

Per questa ragione alla maggior parte delle pazienti viene proposta una terapia con farmaci anticancro.

La chemioterapia è utile, ma non sempre è necessaria e va prescritta dopo una valutazione personalizzata di ogni caso. Si prescrive anche nelle forme iniziali (stadio I e II) a scopo precauzionale e il guadagno, in termini di anni di sopravvivenza, è maggiore rispetto alle forme di tumore più avanzato. Negli ultimi anni si è diffuso anche l’uso della chemioterapia neoadiuvante, ovvero somministrata prima dell’intervento per ridurre la dimensione e l’aggressività del tumore.

La radioterapia dura pochi minuti e va ripetuta per cinque giorni la settimana, fino a cinque-sei settimane di seguito. In genere il trattamento radioterapico può essere combinato all’uso di farmaci.

Quando un tumore del seno viene asportato, viene mandato in laboratorio per studiare le caratteristiche biologiche, in particolare lo stato dei recettori, per gli estrogeni e per il progesterone, due degli ormonifemminili. Le pazienti il cui tumore è positivo per i recettori degli estrogeni possono utilizzare farmaci che bloccano gli estrogeni.Vengono utilizzati anche altri farmaci con la stessa funzione, chiamati inibitori delle aromatasi, per ora riservati alle donne che sono già in menopausa. Il tumore viene esaminato dall’anatomo patologo anche per individuare la presenza di un recettore chiamato HER-2/neu. Se questo è presente in modo significativo è maggiore il rischio di incorrere in una ricaduta. Per questa ragione si propone, da qualche anno, alle donne positive per questo esame, di prendere un farmaco biologico chiamato trastuzumab, una sostanza che blocca i recettori e impedisce al tumore di crescere. Altri farmaci biologici sono allo studio.

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